Morire “Per” o Morire “Con” Coronavirus: il Sofisma delle Rsa
Quando sentiamo dire: morti con patologie pregresse, che cosa intendiamo?
Sembrerebbe che vogliano imbeccarci, ovvero: sarebbero morti comunque, ed il Coronavirus è solo “una causa in più”, ma di fatto le cose sarebbero andate sempre così. Ebbene no: questo è un ragionamento falso che attribuisce alle patologie pregresse un esito del tutto imprevisto: nessuno si sognerebbe di prevedere la morte di un proprio caro solo perché ammalato di cuore! Eppure l’immagine passata per molto tempo è stata questa.
Stabilire l’esatta causa di morte di un individuo non è sempre semplice, anche quando ci sono malattie pregresse. È un problema di classificazione che i medici devono affrontare spesso con l’influenza stagionale, che su pazienti a rischio può comportare complicazioni che si rivelano letali. In quel caso un paziente cardiopatico è morto per la cardiopatia o per l’influenza? Le definizioni possono cambiare, ma in linea di massima nel nostro esempio l’influenza viene considerata come una delle cause della morte: non si può dire con certezza quanto ancora sarebbe vissuto il paziente cardiopatico, ma sappiamo che il virus influenzale ha compromesso una condizione già complicata, favorendo la morte del soggetto. Con il coronavirus dovrebbe essere lo stesso: pazienti cardiopatici o con il diabete muoiono per il coronavirus.
Riconosco in queste idee esattamente una delle strategie che hanno usato i negazionisti della Xylella in Puglia, quando sostenevano (e in parte ancora sostengono) che gli alberi di ulivo stanno disseccando per altre cause, e la Xylella vi si trova solo per coincidenza, ma non sarebbe la causa della loro morte. Gli ulivi, direbbero i novelli negazionisti del coronavirus, muoiono “con” la Xylella, non “per” la Xylella.
Vediamo di respingere una volta per tutte questo assalto grammaticale al buon senso e alla realtà scientifica delle cose. Cominciamo con il buon senso: come sostiene il mio buon amico Giuseppe Mingione, uno dei migliori matematici italiani, insistere sul fatto che qualcuno positivo al virus sia morto per le sue pregresse fragilità, equivale a pensare che, nel momento in cui un’anziana signora muore investita sulle strisce pedonali, si discuta del rischio che correva perché era vecchia e malferma, invece che dell’auto che l’ha investita. Morta “con” l’auto, ma “per” la vecchiaia: questo funambolismo grammaticale ci sembrerebbe ovviamente un’inaccettabile ipocrisia.
AES DOMICILIO denuncia a gran voce questo sofisma: una morte è una morte, e cercare di imputarla al fato o di rintracciarne la causa determinante nelle patologie pregresse è e resterà un sotterfugio per trattenere il panico a discapito del vero.
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